Un’officina tipografica con il profumo del mare

Maggio 2020. La sveglia suona alle 5 del mattino. Mascherina FFP2 e partenza per Levanto. Un tuffo nello splendido Mar Ligure? Macché! Piuttosto un precipitarsi frettolosamente per salvare ciò che resta di una vecchia officina tipografica, prima che tutto finisca in discarica. Ciò che resta è ciò che mi interessa. Ciò che resta è, evidentemente, ciò che in un modo o nell’altro è destinato a restare ancora un po’.

Quell’officina tipografica andava messa in salvo!

Questa volta non si tratta di una officina tipografica in chiusura, ma di una tipografia che si trasferisce in un’altra sede. Tutte le macchine moderne sono già state trasferite. Nei vecchi locali, quindi, rimane solo ciò che non è più in grado di stare al passo coi tempi, con i ritmi frenetici della stampa, caratterizzati da una politica di ribasso dei prezzi e dalla rapidità di esecuzione e fornitura al cliente. Oggi, chi ancora stampa, deve correre.

Cosa succede quando chiude o si trasferisce un’officina tipografica? Funziona così. Si chiama una ditta specializzata in smaltimento e si paga per far svuotare e buttare via tutto ciò che non occorre più. Ma come diavolo si fa a pagare qualcuno per buttare via un pezzo di storia della tipografia? Me la son posta molte volte questa domanda e mi son data anche tante risposte. Credo che prima di ogni altra cosa si tratti di mancanza di visione.

Sono una donna che si occupa di stampa a caratteri mobili e potete immaginare lo sguardo dei tipografi, quando mi presento alla porta. Solitamente sghignazzano, prendono in giro e se spiego loro il mio progetto, ridono sotto i baffi. Segue sempre la domanda… “ma riesci a viverci di questa roba?”. Loro, che pagano persone per far smantellare tutto, mi chiedono se riesco a viverci. Questa è la mancanza di visione di cui sopra.

OFFICINA TIPOGRAFICA

Cosa resta di una officina tipografica dopo lo smantellamento?

Torniamo a Levanto. Non ho fatto in tempo a salvare i caratteri di piombo. Tutti i cassetti sono già stati svuotati nei bidoni (vengono rivenduti alle fonderie che solitamente ne fanno pallini da caccia, fine ignobile). Restano però, tante cassettiere, marginiere, macchine da stampa antiche e soprattutto caratteri di legno. Una valanga di caratteri di legno.

OFFICINA TIPOGRAFICA

Mi hanno sempre affascinato le etichette incollate sui cassetti. Alcune volte mi fanno ridere le parole stampate; altre volte provo a leggerle in sequenza per formare una frase. Non avevano il compito di abbellire la cassettiera. Indicavano al tipografo quale era il carattere archiviato in quel cassetto. Un richiamo visivo, per trovare i caratteri più facilmente (lo sto facendo anche io in Atelier, presto vi racconterò di questa ennesima follia, sino ad esaurimento).

Trovo un libro per terra, stampato recentemente, che mi ha comunque incuriosito: Vocaboli del dialetto di Monterosso al Mare. E poi salta fuori anche lei, una stampa incollata al muro che racconta un pezzettino di storia di questi luoghi (comunità montana della riviera spezzina). Macchine e caratteri sono fondamentali per continuare a fare la tipografa, certamente, ma io ho bisogno di portare con me anche un po’ dell’anima di questi luoghi. Questo è il modo in cui io voglio fare la tipografa, assorbendo il mestiere da questi piccoli e apparentemente insignificanti dettagli.

Sacro e profano sulla stessa parete di questa officina tipografica. L’ultima cena di Leonardo e il calendario di Max. Adoro.

Ho trovato alcuni alfabeti nei propri cassetti. Altri, invece, erano stati buttati in scatole di cartone. Risultato? Un miscuglio dall’aspetto affascinante, ma che ha richiesto giorni e giorni di lavoro, per ricomporre tutti gli alfabeti, lettera per lettera.

Saltano fuori egizi, bastoni, caratteri fantasia, di tutto di più. La polvere e lo sporco ricoprono tutto. Alcuni caratteri grandi erano stati inchiodati ad una tavoletta di legno per farne uno sgabello… oh Signore! Sono stati salvati tutti e tutti sono stati puliti, riordinati e archiviati (credo di avere ancora qualche scatola da pulire, nonostante siano passati tre anni, ma i lavori di pulizia e riordino sono molto lunghi).

Guardate questo prima/dopo. Incredibile vero?

Il carattere graziato utilizzato per studi sull’amore, abbiate cura di impazzire per un abbraccio, il poster che celebra la famosa poesia di Franco Arminio, arriva proprio da qui. Lo avevate riconosciuto?

Poi all’improvviso salta fuori lei, una piccola cassettina, completamente distrutta. Non faccio in tempo ad aprirla che il legno, marcio, mi si sbriciola tra le mani. Il carattere che contiene però è salvo. Si chiama “Imperatrice” e veniva prodotto dalla Xilografia di Verona. Le peculiarità di questo alfabeto: alcune lettere hanno varianti, alcune sono piene ed altre vuote (a, o, p, q, b, d…) Inoltre, ascendenti e discendenti sono molto lunghe, come le lettere p,q,d,b… (in tipografia ascendenti e discendenti sono le parti della lettera che si estendono al di sopra o al di sotto della linea di base. Contribuiscono a migliorare la chiarezza e la leggibilità del testo e sono importanti per mantenere l’armonia visiva tra le lettere).

Guardate il prima/dopo. Un lavoro di recupero che ha richiesto molto tempo, considerando che questa serie di legno è molto molto piccola.

Ne ho molte di avventure tipografiche da raccontarvi. Non lo farò in ordine cronologico; tra un’officina tipografica e l’altra, in cinque anni ne sono successe di cose. Il primo articolo di questo blog, però, non poteva non sapere di mare. Altrimenti, come facciamo a chiamarlo tuffo nel passato?

Si stampi chi può.

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