Il telefono mi dice mi è arrivata una nuova mail.
Sono una persona analogica, certo – ma siccome di questi tempi il business del piccione viaggiatore non è più lo stesso di un tempo – anche io ho un telefono e anche io ricevo mail. Metto giù il caffè e la apro: è un’emozione fortissima già alle prime righe.
Mi è stata inviata da Vogue Collection, mi propongono una “sfida”: parlare di Vogue passando la parola direttamente al carattere tipografico che ne definisce il logo.
Facciamo che non ti sto nemmeno a dire la felicità di essere stata selezionata per questa
“collaborazione”, facciamo che passiamo direttamente alla parte in cui rispondo un fortissimo SÌ, CERTO, CI SONO.
Quindi, Vogue – 131 anni di pubblicazioni – cosa ci dice in termini di tipografia? Cosa si nasconde dietro le linee ora dritte, ora curve (ora sottili, ora spesse) del suo logo?
Penso che non ci sia bisogno che stia a parlarti del logotipo di VOGUE, lo conosciamo davvero tutti.
Vedi, ci sono realtà che mettono l’uso sapiente dei caratteri tipografici al centro di tutta la comunicazione. Sono scelte che diventano fondamentali per rendere un brand unico, riconoscibile, affidabile.
La tipografia, nel senso più ampio del termine, pu essere la messa a fuoco di un approccio editoriale ben chiaro, campagne pubblicitarie e, perché no, di un segno distintivo perfetto per un capo di abbigliamento. L’alfabeto ci parla sempre e in questo caso, lo fa partendo da molto lontano.
E quando dico da lontano – in questo caso – parlo del 19mo secolo.
UN TIPO DI NOME DIDOT:
Lo sai che il carattere del marchio Vogue prende il nome da colui che lo ha disegnato? Si tratta di un adattamento del Didot. Questo appartiene alla famiglia dei romani moderni e appare per la prima volta alla fine del XVIII secolo. Questi alfabeti, come il Bodoni del resto, nascono come caratteri da testo, ma se ingranditi rappresentano il massimo dell’eleganza tipografica.
La famiglia Didot ha davvero rivoluzionato le arti grafiche, con un carattere ancora oggi in uso, ma anche con tante altre innovazioni nel mondo della stampa e dell’editoria. Françoise Ambroise Didot, ad esempio, si invent un sistema di misurazione del testo basato sul punto tipografico.
Siamo abituati all’impiego del sistema metrico decimale, ma la tipografia invece ne usa un altro, basato sul punto tipografico, che definisce la dimensione di un testo.
In Europa (e in particolare in Italia) veniva utilizzato proprio il punto Didot – ovvero 0,376065 mm.
Il Didot (come anche il Bodoni) sono i pionieri dello stile moderno dei caratteri serif (ovvero graziati). Il Didot mette in risalto il forte contrasto tra aste spesse e sottili, terminazioni essenziali ed enfasi verticale delle lettere.
I romani moderni nascono come caratteri da testo, ma realizzano tutto il loro savoir-faire, tutta la loro eleganza quando sono presi singolarmente, fuori dalle catene di un paragrafo.
E, a pensarci bene, non fa davvero una piega che Vogue sia rappresentato tipograficamente da un tipo come il Didot: preciso ma vistoso, gentile ma assertivo. È come se gli fosse stato cucito addosso, haute couture.
Ho sfogliato la rivista e ho annusato le pagine (lo fai anche te, vero?). Il mio cuore ha esultato analizzando la gabbia di impaginazione.
Mi sono divertita a giocare con gli inchiostri e a ricreare una palette vicina a quella del logo ricamato sulla felpa (ma quanto è bella???). Ho giocato con i Tipi, entrando in ogni singolo dettaglio.